Ho passato settimane a domandarmi se avrei riconosciuto l'arrivo delle contrazioni, ma quel mattino non ho avuto alcun dubbio.
Erano le 4 di giovedì mattina. Sono partite subito molto ravvicinate, anche se irregolari. Inconfondibili.
Il reparto di ginecologia della zona era in ristrutturazione e l'ospedale su cui abbiamo dovuto ripiegare era ad un'ora di macchina. Alle 9.30 eravamo già lì. Tutto molto indietro ma, vista la distanza, mi hanno trattenuta.
La mia bimba è nata alle 9.30 del giorno dopo. Eh si, 29 ore di travaglio belle e buone! Posso dirlo? Un incubo.
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La notte tra giovedì e venerdì ero esausta, il mio unico pensiero era dormire, ma ero costantemente in preda alle contrazioni, ancora irregolari ma mai più di 10 minuti l'una dall'altra: 5-8-3-9. Cronometravamo. Verso le 6 del mattino finalmente si muove qualcosa. Mi spostano in sala parto. Cambia il turno del ginecologo (credo di aver visto tutto il personale dell'ospedale!) che controlla il tracciato e non pare troppo soddisfatto. Neanche il tempo di dirlo che il battito cardiaco della bambina scende di colpo e mi portano di corsa in sala operatoria.
Mio marito, che mi è stato accanto per tutto il tempo, mi lascia sulla porta col sorriso. Fingeva per rassicurarmi. Io, al contrario, ero serafica! Sentendo "cesareo d'urgenza", non ho pensato neanche un secondo a delle eventuali conseguenze negative. Ho solo visualizzato la fine di tutta la mia sofferenza!
Nel giro di pochissimo avevo la mia piccola e meravigliosa creatura sulla pancia, col suo cappellino viola a pois bianchi. Rilassata, serena.
Perché nelle favole c'è sempre un lieto fine.
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